Nava, la barca e Ram

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Quando Ram e Sita furono esiliati dal loro regno, il popolo, rifiutandosi di accettare la loro partenza, li seguì abbandonando la città di Ayodhya. In un primo momento si trovarono a girare senza una meta. La prima sera, giunti al Gange, si accamparono per passare la notte. Piano la notte scese, le persone cominciarono a sbadigliare. Non appena le loro teste si appoggiarono a terra si addormentarono. Ram decise di approfittare della situazione per allontanarsi col favore del buio, promettendo, tra sé e sé, al proprio popolo di rivedersi 14 anni dopo.

In riva al fiume scorsero la barca di Guha, che riconobbe subito Ram.
Ram e Sita gli chiesero di essere trasportati al di là del fiume.
“Ram, ho sentito dire che hai trasformato una pietra in donne, semplicemente passandoci sopra. Se sali sulla mia barca e la trasformi in altro, che cosa farò?!” Guha accettò comunque di trasportarli, a condizione che Ram permettesse di lavargli i piedi e chinarvisi davanti. Questo era stato il suo desiderio fin dal primo momento. La braca attraversò il fiume e, giunti dall’altra parte, Sita offrì il proprio anello come pagamento, ma il barcaiolo rifiutò energicamente.
“Ram, tu e io siamo fratelli nella stessa professione. Io porto le persone attraverso il fiume, tu le porti attraverso l’oceano del samsara. Il tuo nome, da solo, assicura un passaggio certo!”
Ram si girò verso l’altra sponda del Gange e si chinò di fronte al proprio popolo per onorarne la saggezza, in risposta il suo popolo si chinò per onorare la sua nobiltà.