Male e Karman

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La parola italiana male non può essere tradotta in nessuna lingua indiana. Non ci sono sinonimi in Hindi o Tamil. Il male indica l’assenza di bontà e, per le persone religiose, indica l’assenza di Dio. Nella Bhagavad Gita, Kṛṣṇa dice che tutto ciò che esiste è una manifestazione divina; di conseguenza nulla può essere cattivo.

Molti indiani credono nella reincarnazione e nella teoria del karman, secondo la quale ogni evento è il risultato di qualche evento passato. Persino il peggior evento può essere spiegato grazie al karman. In un Purana, per esempio, viene riportata la storia di Sītā, che per sbaglio uccide un uccellino. Il compagno la maledice augurandole che anche lei, in futuro, venga separata dal suo amato. In un altro Purana Viṣṇu decapita lamadre di un saggio che stava tentando di aiutare un asura. Per questo Viṣṇu viene maledetto a discendere sulla terra sotto forma di essere umano ed esperire la morte. Persino le divintà sono soggette alle leggi del karman.

Quando tutto è sotto l’influenza del karman, il concetto di male non ha più senso. L’uomo è visto come un essere umano che può trasformarsi in eroe o in cattivo a seconda delle differenti situazioni, liberandolo dall’etichetta di buono o cattivo, dalla quale, spesso, è impossibile liberarsi.

La nascita dell’uomo

 

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Dalle acque dell’oceano il Brahman creò il Virat Purusha o forma universale, chiamato anche brahmanda o uovo del Brahman.  Usando l’acqua dell’oceano modellò la forma umana, il Virata. Questi si aprì come un uovo, formando una bocca. Dalla bocca emerse il suono, dal suono si manifestò Agni, il fuoco. Poi apparvero le narici, dalle quali si manifestò il senso dell’odorato e da esso si manifestò Vayu, l’aria. Poi si distinsero i due occhi, dai quali emerse il senso della vista e da esso si manifestò Surya, il sole. Apparvero  le orecchie, dalle quali emerse il senso dell’udito e da questo si manifestarono le direzioni. Apparve la pelle e da questa i sensori tattili e dal senso del tatto si manifestarono le piante – erbe e alberi. Apparve il cuore, dal quale si manifestò la mente (il senso interiore) e da questo emerse Chandra, la luna. Apparve l’ombelico, dal quale si manifestò il senso dell’espulsione e da questo emerse Mitra, la morte. Apparve infine la radice dalla quale si manifestarono gli organi di procreazione e da questi emerse Varuna, la personificazione dell’archetipo delle acque. I Deva così creati entrarono nell’oceano e questo creò fame e sete nel Virata. I Deva chiesero al creatore un posto dove stare e del cibo per nutrirsi così il Brahman creò l’essere umano: “Entrate nelle vostre rispettive dimore”.

Agni entrò nella bocca del Virata come organo fonetico, Vayu entrò nelle narici come senso dell’odorato, Surya entrò negli occhi come senso della vista, le Direzioni entrarono nelle orecchie diventando il senso dell’udito, le piante entrarono nella pelle diventando il senso del tatto (collegato con i peli), Chandra entrò nel cuore diventando la mente, Mitra entrò nell’ombelico nella forma dell’apana, Varuna entrò nell’organo genitale nella forma di liquido sessuale.

[…] Il Brahman pensò: ” Come può esistere senza di me? Da quale parte entrerò? Se il suono viene prodotto dal senso della parola, l’odore dall’odorato, l’immagine dalla vista, l’udito dall’apparato uditivo, la sensazione tattile dalla pelle, il pensiero dalla mente, l’espulsione da apana e l’eiezione dal senso genitale, cosa sarò io?”. Così entrò dall’apertura chiamata vidriti (chakra della corona), quella che dà il maggior piacere ed esiste costantemente nei tre stati di sogno.

L prima nascita è nel corpo de padre, la seconda in quello della madre, la terza nel proprio.

Dalla Aitareya Upanishad