Utkatasana e Hanuman

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Quando Hanuman arrivò a Lanka per salvare Sita, quest’ultima si rifiutò di andare via con lui. Sita sapeva che Ram l’avrebbe raggiunta e liberata di persona, grazie al lavoro fatto da Hanuman: “Lascia che sia mio marito a liberarmi. Il suo onore è in gioco”.

Hanuman decise così di farsi catturare dai rakshasa, i soldati di Ravana e cominciò a creare scompiglio nel bosco di Ashoka dove era stata confinata Sita dopo il rapimento. La confusione attirò il figlio di Ravana, Akshaya, che giunse con un grosso arco. Tutti i rakshasa indietreggiarono al suo ingresso, con aria di deferenza. Akashaya scagliò una freccia contro Hanuman, ma questi la prese al volo con una mano e gliela rimandò indietro colpendolo al cuore. La guerra era dichiarata. Ravana, infuriato, ordinò di portargli la scimmia a palazzo. Hanuman non oppose resistenza, era arrivato il momento di arrendersi.

Una volta a palazzo Hanuman si liberò dal giogo e si sedette davanti a Ravana, fissandolo negli occhi. Nessuno osava guardare Ravana in quel modo.

“Non conoscete le regole dell’ospitalità?! Portatemi una sedia! Presto!”. I rakshasa non sapevano cosa fare, non avevano mai visto una scimmia parlare e soprattutto non avevano mai visto nessuno parlare in quel modo a Ravana.

“Molto bene, ci penserò io, allora”. Hanuman stese la sua coda e la ripiegò in tante spire per creare una torre sulla quale si sedette. La torre era così alta che Ravana dovette allungare il collo per poterlo guardare in faccia.

“Chi sei tu? Non sei una scimmia comune; parli in sanscrito, ma non sembri un brahmino” Disse Ravana

“Parlare sanscrito non rende nessuno un brahmino. Espandere la propria mente sì”

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